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Nessuna incompatibilità tra la Direttiva UE 2022/2523 in materia di Global Minimum Tax e il principio unionale della libertà di stabilimento

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legislativo n. 209 del 27 dicembre 2023, l’Italia ha formalmente recepito le disposizioni recate dalla Direttiva UE 2022/2523, volte a ridurre i fenomeni di erosione della base imponibile e di trasferimento degli utili in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, mediante la previsione di un’imposta minima globale (c.d. Global Minimum Tax) da applicare ai gruppi multinazionali o domestici con ricavi annui, risultanti dal bilancio consolidato della capogruppo, non inferiori ad Euro 750 milioni per due dei quattro esercizi precedenti a quello in corso.

La norma prevede, inter alia, per le società del gruppo con un livello di tassazione effettiva inferiore al 15%, un sistema di tassazione compensativo in capo alla controllante (c.d. Income Inclusion Rule) senza alcuna possibilità di prova contraria in capo al contribuente, apparentemente contrastando i principi espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella celebre sentenza Cadbury Schweppes (C-196/04 del 12.09.2006), nella quale si sanciva la legittimità della disciplina sulle Controlled Foreign Companies (CFC) nelle sole ipotesi in cui questa colpisca strutture di puro artificio; previsione, quest’ultima, non presente nella Direttiva in commento.

Per ovviare a tale inconveniente, ecco allora che il Legislatore unionale ha inteso estendere l’ambito applicativo della norma anche ai gruppi meramente nazionali e privi di alcuna presenza all’estero, escludendo, di fatto, ogni possibile incompatibilità della disposizione con il principio di libertà di stabilimento di cui all’art. 49 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), non rappresentando in alcun modo un disincentivo allo sviluppo internazionale delle imprese.

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